Davide Shorty, il custode del groove (INTERVISTA)

“Un siciliano, trasferitosi a Londra, torna in Italia per partecipare ad X Factor”, sembra l’inizio di una favola e la speranza di tutti noi è che lo sia veramente. Questo è Davide Sciortino, per tutti ormai “Shorty”, palermitano di nascita e londinese d’adozione. A dir poco poliedrico ad X Factor, come dimostrano anche i suoi gusti personali che vanno dal nostro Gianluca Picariello, che tutti conosciamo come Ghemon, al reggae di Bob Marley, e pronto per portare la sua musica in Italia e non solo. Sicuri di parlare con un prossimo scalatore di classifiche (speriamo non sia scaramantico), l’abbiamo intervistato e riportiamo l’estratto della nostra chiacchierata.

Davide, il tuo è il talento di un artista pronto a fare il grande salto da anni, cosa pensi ti sia mancato prima di arrivare ad X Factor?

«Nella musica indipendente mancano le risorse per raggiungere il grande pubblico e quindi una certa visibilità, penso che mi siano mancate proprio queste risorse per affermarmi prima di approdare ad X Factor. Per il resto, il programma, si è dimostrato una bellissima sorpresa per me, che l’avevo provato quasi per gioco, una vera e propria scuola: ho imparato, per esempio, a gestire l’ansia da prestazione e il fatto di avere delle telecamere puntate addosso, cosa che non mi era mai capitata prima».

Quanto ha influito Londra sul tuo modo di fare musica? Pensi che saresti stato lo stesso artista se non avessi intrapreso questo viaggio?

«L’essermi trasferito ha sicuramente ampliato i miei orizzonti musicali, facendomi conoscere nuovi artisti ai quali adesso mi ispiro. Con un ambiente musicale così vasto si è stimolati a 360°, c’è sempre una serata a cui andare ad ascoltare della buona musica e, sicuramente, se non fossi andato via non sarei mai arrivato dove mi trovo adesso e non avrei mai capito quale strada intraprendere, non avendo l’occasione di conoscere tutti i generi che solo Londra mi ha permesso di conoscere».

Paolo Nutini, Wild Cherry, Sam Cooke, 99 Posse, SBTRKT, Luigi Tenco, Howard Jones; hai praticamente spaziato tra tutti i generi musicali, qual è quello con cui ti trovi più a tuo agio e quali sono gli artisti a cui ti ispiri?

«Spaziare tra i vari generi mi è piaciuto moltissimo, Elio mi ha messo alla prova e questo, inizialmente, mi ha un po’ destabilizzato, ma ne è valsa la pena. Il genere a cui mi ispiro è principalmente l’hip hop americano: J Dilla, A Tribe Called Quest e De La Soul, per esempio; Neffa e i Sangue Misto sono sicuramente tra quelli che ho ascoltato di più nel tempo, adesso stimo rapper come Ghemon, Johnny Marsiglia, Big Joe, Stokka e MadBuddy. Come artista mi sento a mio agio con delle sonorità hip-hop che tendono al soul, con qualche sfumatura reggae vista la mia passione per Bob Marley».

La tua musica è perfetta per qualunque mercato, però, forse, quello inglese sarebbe più ‘pronto’. Tu sei dovuto andar via per la mancanza di opportunità, pensi che sia arrivato il momento di restare e provare a giocarti le tue carte nella tua terra?

«Il mercato inglese è sicuramente più aperto, questo è uno dei motivi che mi hanno spinto ad andare all’estero. Personalmente mi sento di investire su entrambe le nazioni: l’Italia è pur sempre la mia terra e voglio promuovere qui la mia musica, più di quanto non lo abbia fatto prima, ma senza abbandonare la mia band londinese i “Retrospective for Love” e il progetto che abbiamo intrapreso in Inghilterra e in Europa».

Nel loft siete riusciti a trasformare una competizione in un’occasione per stare insieme e vedere, tutti insieme, come andava a finire. In assenza di tensione è molto più facile salire sul palco e, sicuramente, è la musica a beneficiarne. Quanto è stato importante il rapporto tra te e gli altri concorrenti per lo svolgimento del programma?

«La vita nel loft e il rapporto creatosi tra tutti noi è sicuramente la cosa più bella che sia accaduta nel corso del programma. Il rapporto con gli altri è stato fondamentale per andare avanti, un continuo scambio umano e culturale è alla base della musica, che è innanzitutto condivisione. Il talent è stato quindi un modo per condividere tra di noi le nostre esperienze e imparare l’uno dall’altro. Molto particolare è il rapporto nato con la Baell Squad (Giosada, Urban Strangers e Shorty, ndr), penso proprio di aver trovato dei fratelli».

Progetti per il futuro?

«Attualmente sto lavorando al disco da solista, come “Davide Shorty”; ho un album già pronto con i Retrospective For Love che aspetta solo di essere pubblicato. Non vedo l’ora di poter condividere la mia musica e di suonare dal vivo con la mia band».

Sul profilo degli Urban Strangers è comparsa una foto della Baell Squad davanti allo schermo dell’etichetta “Casa Lavica”, e tu, nonostante mancassi nella foto, sei stato taggato. Puoi anticiparci qualcosa?

«I ragazzi si sono incontrati a Napoli e sfortunatamente non sono riuscito ad andarci anch’io. Quello che posso dirti è che stiamo pensando, nonostante al momento siano solo delle idee, di fare un tour tutti quanti insieme come Baell Squad».

Noi ci diamo appuntamento alla prossima intervista, ma non prima di aver augurato buona fortuna a Shorty e di avervi lasciato il link da cui poter acquistare il suo EP (clicca QUI)

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