Daniele Silvestri, un acrobata in perfetto equilibrio (RECENSIONE)

Daniele Silvestri fa parte di quegli artisti che, prima dell’uscita dell’album, aprono le vendite per il tour. Perché, vi chiederete voi? Perché così permette agli affezionati di non perdere l’occasione di assistere al suo concerto, perché se “Acrobati” fosse uscito prima dei biglietti…sarebbe stata guerra.

Abbiamo avuto la fortuna di assistere alla terza data romana del suo tour – sì, fortuna; quattro sold-out -. Rispetto al viaggio intrapreso con Fabi e Gazzè – che, più che viaggio, potremmo definire una missione – la location è di quelle pensate per la musica, con tutto il rispetto per i palazzetti, dettaglio non trascurabile quando una band è formata da ben 8 musicisti (9, visto l’arrivo del fedelissimo Ramon); una band che non ha lasciato nulla di “intentato”: quante volte vediamo su un palco un fagotto? Poche, ve lo diciamo noi.

Ma soffermiamoci su Daniele Silvestri, vero “bersaglio” della nostra recensione: “Acrobati” è per lui un album speciale, la maturità raggiunta gli ha permesso di farlo come avrebbe voluto fare tante altre cose che, un po’ per i tempi e un po’ per le esigenze discografiche, non aveva potuto azzardare. Non è un caso che il suo show si apra con “Prima di essere un Uomo”. Un saluto al papà Alberto, che le date le segue tutte da quelli che spesso chiamiamo i posti migliori, e via con il nuovo album. In totale i nuovi pezzi saranno 10 (tantissimi, considerando che il disco ne racchiude 18), perfettamente amalgamati con il resto del repertorio silvestriano.

Abbiamo parlato di location: un auditorium a due passi da San Pietro, un palco che solo guardandolo ti fa venir voglia di recitare. Daniele lo fa. Recita. Di pezzi introspettivi il suo repertorio ne è pieno, ma riuscire ad interpretare un monologo come quello di “Monolocale”, facendoci dimenticare di essere ad un concerto, è cosa per pochi; “Acrobati”, il brano che dà il nome all’album, è però, secondo noi, la ciliegina sulla torta: un tendone da circo fatto di luci e delle piattaforme su cui camminare, accompagnato da un gioco di luci ed ombre, hanno reso Daniele veramente grande, per un attimo sembrava di vedere Charlie Chaplin, seduto sugli ingranaggi, in “Modern Times”.

Quell’atmosfera, per fortuna o purtroppo – disse Gaber e confermò Silvestri, con la sua cover contenuta nell’album S.C.O.T.C.H – termina con “La Paranza”, ancora fresca dal 2007; tutti in piedi, tutti sotto il palco per rivivere le emozioni del vecchio Silvestri, il tour nei teatri è infatti una novità. Sapete come si chiamano i fan di Daniele? I testardi; questa categoria di musicomani è fatta di gente che non batterebbe ciglio sentendo riecheggiare l’Inno di Mameli, ma che all’udir di un marranzano, catarticamente, si libera intonando “Testardo”. Gli occhi del Presidente, quello che dei Testardi è il capo, cominciano a brillare e regala fuoriprogramma graditissimi al pubblico, cominciando a ignorare quella che comunemente chiamiamo “scaletta” e che alcuni seguono in maniera troppo scolastica.

Avrete notato che il discorso scaletta l’abbiamo trattato poco, quasi per niente. Varia, questo possiamo dirvelo, e conta ben 30 canzoni. Il nostro racconto termina con la conferma di ciò che Daniele aveva precedentemente annunciato: questo è il suo miglior lavoro e che, incastrato con i brani più vecchi, non vediamo come si possa andare, eventualmente, oltre questo livello. Non vogliamo dire che un dopo-Acrobati stonerebbe, anche perché ce lo auguriamo tutti, ma è già bellissimo così.

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