Niccolò Fabi e le sue “parole che fanno bene”

Mentre in Italia la figura del cantautore moderno si accosta sempre di più all’immagine del rapper, c’è chi, nonostante il riscontro minore nel mercato discografico, persevera e continua a comporre senza attenersi ai canoni della musica “commerciale”. Tra questi pochi “superstiti” troviamo sicuramente Niccolò Fabi, tornato in auge grazie al trio formato insieme ai colleghi Silvestri e Gazzè e al loro album “Il Padrone della Festa”.

Fabi nasce a Roma nel 1968 e sin da subito si avvicina al mondo della musica grazie al padre Claudio, produttore discografico negli anni settanta. Come tutti i musicisti nati in quel periodo, anche lui, muove i suoi primi passi in un localetto al centro di Roma “Il Locale”. Nel ’97 e nel ’98 partecipa al Festival di Sanremo con le canzoni che attualmente restano tra le più conosciute: “Capelli” e “Lasciarsi un giorno a Roma”; normalmente, dopo aver ottenuto un certo successo al Festival della canzone italiana, tutti gli artisti vanno alla ricerca della ribalta e della visibilità. Non Niccolò, la sua musica non si è mai allontanata da quell’idea di bellezza che trasmette ai suoi fedelissimi fans (per esperienza personale, posso confermare l’affiatamento che c’è tra lui e il suo affezionatissimo pubblico. Vedere per credere).

Da un artista laureato in filologia romanza, cosa ci si potrebbe mai aspettare se non testi che, se scritti su un foglio, potrebbero benissimo essere scambiati per poesie. Le canzoni di Niccolò rispettano perfettamente una frase presente in una delle sue canzoni “perché l’argento, sai, si beve, ma l’oro si aspetta” (Il Negozio di Antiquariato), infatti la maggior parte dei suoi testi vanno compresi e ascoltati più volte prima di poterne apprezzare appieno il valore e il significato; proprio per questo motivo, mi piace considerare coloro che ascoltano la sua musica, con un po’ di presunzione, un pubblico “d’élite”.

Prima di elencare una serie di canzoni con cui è possibile capire che tipo di artista sia, prendiamo in esame l’esperienza fatta con Silvestri e Gazzè che è servita per mettere in luce quello che, tra i 3, è sempre stato quello più in seconda linea (sempre per scelta, non per demeriti). Qualche settimana fa, ospiti a “Che tempo che fa”, si sono soffermati sui ruoli ricoperti da ciascuno all’interno di questo trio e Niccolò è risultato “la scintilla” dalla quale nascevano quasi tutte le canzoni del loro album.

Noi di Blog di Musica abbiamo deciso di “iniziare” coloro che mai si sono avvicinati alla sua musica con alcune delle canzoni più belle e significative (è stata una faticaccia selezionarne solo cinque) di Nicc, o, come ama chiamarlo il suo pubblico del “Sire”.

Una Buona Idea

In questo pezzo Niccolò considera “una buona idea” come una salvezza, qualcosa che possa salvarci dall’essere orfani “di uno slancio che ci porti verso l’alto, di una cometa da seguire, di un maestro da ascoltare”.

È non È

La canzone è una sorta di manuale volto a spiegarci l’approccio con cui dobbiamo affrontare la vita “non è cosa, ma è come, è una questione di stile”, senza fermarci o ritenerci sazi di questa o quella esperienza “è uno sguardo, è un pensiero che non si riposa”.

Capelli

Un po’ meno filosofica e impegnativa delle precedenti, ma più “adatta” a tutti. Nicc fa il suo esordio a Sanremo con questa canzone, accompagnato da una capigliatura un po’ fuori dagli schemi che lo contraddistingue ancora oggi.

Lasciarsi un giorno a Roma

Anche questa presentata a Sanremo, Nicc si mette nei panni di colui che ha deciso di troncare la relazione e cerca di porre fine all’agonia della ragazza che non si arrende davanti alla fine della storia d’amore “fai finta che è normale non riuscire a stare più con me, cerca un modo per difenderti, una ragione per pensare a TE”.

Costruire

Il pezzo è veramente unico nel suo genere, tratta di tutto ciò che sta “nel mezzo”, l’inizio è la parte più “eccitante” e la fine quella più “teatrale”, ma è proprio “nel mezzo” che sta l’essenza delle cose e del “giorno dopo giorno”.

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